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Conoscevo Olimpia Hruska solo di nome e come pittrice.
I nostri contatti si erano limitati a informazioni in merito alla riproduzione dei suoi quadri.
Un giorno venne nel mio studio per chiedermi le stampe di un lavoro fotografico, un interessante reportage realizzato a Monaco di Baviera.
Nacque un sodalizio che ha portato alla nascita del suo sistema di colorazione a olio di stampe bn realizzate su una particolare carta che produceva per me Cartiera Magnani.
Solo tempo dopo ho avuto modo di ammirare la serie di immagini inerenti il suo viaggio in Messico, quasi due anni vissuti con gli indiani Tarahumara. Alcuni negativi purtroppo sono stati rubati assieme all’amata Rolleiflex.
Mi ha sempre sorpreso il distacco che pone dal suo lavoro fotografico, anche attuale, che considero invece molto interessante.
Per lei la pittura ha un ruolo più importante, come dimostra la sua storia.
Avevo appena ricevuto la rivista ‘Il Professionista’, edita da Kodak, e mi ero soffermato sulle immagini di una fotografa emergente,
Ewa Mari Johansson. Suonò il telefono e una voce femminile mi chiese se era possibile venire a Firenze per sviluppare dei rulli infrarosso colore. Era Ewa Mari, una concomitanza incredibile.
Fu il nostro primo incontro, vidi immagini eccezionali, nacque una collaborazione e un’amicizia che ci unisce da molti anni. Mi comunicò con grande entusiamo che era riuscita ad organizzare un viaggio per poter fotografare le donne Masai, un suo sogno che si avverava. Ho fatto il lavoro di scansione dei negativi e stampato le immagini scelte per la mostra ‘Mama Maasai’
La mostra è diventata itinerante e il ricavato è stato devoluto ad un fondo per aiutare le ragazze Maasai nel loro percorso di studi.
Olimpia aveva usato una Rollei, Ewa Mari una Hasselblad, il formato 6x6 e il mio sistema di stampa oggi uniscono i lavori presentati nella mostra ‘Due Donne in viaggio’.
Cesare Bossi
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